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vendredi 17 novembre 2017

Le Secret des Langhes (Il Segreto delle Langhe)




Un extrait du roman de Gianni Farinetti, Il ballo degli amanti perduti, paru en 2016 aux éditions Marsilio :

Viene notte e la Langa ripropone come ogni sera il suo enigma. Buio fondo, silenzio vibrante, un ultimo bagliore di indecifrabile paura. Non è solo questione di strade deserte, di fioche e remote luci sulle colline, di alberi maestosi che sembrano chiudersi in alto come il soffitto di una cattedrale. Ogni campagna è così, certo, ma le Langhe, soprattutto queste, nascondono un impenetrabile segreto. Le venature dei grigi contro i rami spogli dei castagni, le robinie, i faggi, gli improvvisi calanchi terrosi, il biancore della neve sotto il chiarore di una luna crescente, sarà piena venerdì o sabato. 

I paesi ritrovano il loro carattere fortificato come se antichi soldati fossero ancora mimetizzati in agguato lungo le scarpate dei castelli, le donne chiudono casa, accendono la stufa, mettono su un minestrone mentre i bambini giocano fra loro in cucina. Si cenava, e ancora lo si fa, appena veniva buio. Come raccontava ieri Umberto a Sebastiano, un tempo ci si preparava ad andare nelle cascine dei vicini portando con sé un violino, una fisarmonica, per cantarne una riuniti nella stalla. La sera passava così, al caldo delle vacche, i cani accucciati sulla paglia, le donne a cucire, gli uomini a cantare o giocare a carte cristonando a ogni scopa ! vinta dall’avversario. Era in quelle serate che i giovanotti potevano scoccare dardi amorosi alle ragazze, ma non di più : severissimi padri, madri accorte, al massimo zii complici, frenavano con uno sguardo ogni palpito che andasse più in là, appunto, di un tenue fremito. Era povera, di più, misera, questa terra. Povera non solo di cibo, di difficili colture su questi terrazzamenti cavati alle impetuose pendenze delle colline, ma anche di strade. Così le notizie arrivavano quando arrivavano, così gli eserciti, le razzie, le epidemie. Intere valli venivano falcidiate e i pochi che resistevano ricostruivano da capo, sempre con le stesse pietre, gli stessi legni.

Sebastiano non vede l’ora — ma chissà se ci sarà un’ora futura fra lui e il suo nuovo amico — di portare Roberto a vedere in una frazione una casa quasi diroccata nella quale, per tamponare una porta, era stata usata secoli fa una lapide romana con un’ormai quasi indecifrabile scritta scolpita. Bastava scavare pochi metri, anche meno — e forse anche oggi — per riportare alla luce lapidi, un capitello, i cocci sparsi di un vaso. O le ossa di gente sconosciuta, guerrieri, contadini, forestieri che avevano smarrito la strada di casa. Saranno queste fosse inesplorate a generare il mistero di Langa ? Stanno ancora invocando soccorso questi ignoti corpi ? Così nei cimiteri, dove i più fortunati hanno trovato sepoltura, molti di loro dismessi, abbandonati, rintracciabili soltanto, se mai qualcuno si prendesse la briga di farlo, dal segnale di una croce, di un pilone votivo. La notte tutto ricopre e può essere grandioso camminarci dentro lungo i sentieri appena rischiarati dalla luna crescente e sentirsi perduti e già morti con la sola consolazione che la terra, ricoprendoci, sarà benigna. Di qualcosa bisogna pur andarsene, succedesse qui sarebbe già un buon morire. 

Gianni Farinetti  Il ballo degli amanti perduti   Marsilio Editori, 2016




La nuit vient et comme chaque soir ressurgit le mystère des Langhes. Obscurité totale, silence vibrant, une dernière lueur de peur indéchiffrable. Il n’est pas seulement question de rues désertes, de faibles et lointaines lumières sur les collines, d’arbres majestueux qui semblent rapprocher leurs cimes pour former le plafond d’une cathédrale. Toutes les campagnes se ressemblent, certes, mais les Langhes, surtout celles-là, cachent un impénétrable secret. Les nervures grises le long des branches nues des châtaigniers, les robiniers, les hêtres, les brusques fossés argileux, la blancheur de la neige sous la clarté d’une lune croissante, qui sera pleine vendredi ou samedi. 

Les villages retrouvent leur aspect fortifié comme si d’antiques soldats étaient encore cachés en embuscade dans les talus des châteaux, les femmes ferment les maisons, allument les poêles, mettent la soupe à cuire pendant que les enfants jouent dans la cuisine. On dînait, et cela n’a pas changé, dès qu’il commençait à faire nuit. Comme Umberto le racontait hier à Sebastiano, autrefois on se rendait dans les fermes voisines en emportant un violon, un accordéon, pour pousser tous ensemble la chansonnette dans la grange. On passait ainsi la soirée, dans la chaleur des vaches, les chiens couchés dans la paille ; les femmes cousaient, les hommes chantaient ou jouaient aux cartes en jurant à chaque partie remportée par l’adversaire. Pendant ces veillées, les garçons pouvaient lancer des œillades enamourées aux jeunes filles, mais pas davantage : des pères très sévères et des mères attentives, ou encore des oncles complaisants, freinaient d’un regard toute impulsion qui dépassait le stade d’un frisson léger. Cette terre était pauvre, et même misérable. Pauvre non seulement en ressources alimentaires, avec ses terrains difficiles à cultiver, sur ces étagements creusés dans les pentes impétueuses des collines, mais pauvre aussi en routes. Ainsi, tout arrivait de façon aléatoire : les nouvelles, comme les armées, les pillages, les épidémies. Des vallées entières étaient fauchées et le petit nombre qui survivait devait tout reconstruire, toujours avec les mêmes pierres, le même bois.

Sebastiano est impatient — d’autant plus que cette nouvelle amitié sera peut-être éphémère — de conduire Roberto dans un hameau pour y voir une maison presque en ruine où, afin de consolider une porte, on avait utilisé il y a quelques siècles une pierre tombale romaine portant une inscription désormais presque impossible à déchiffrer. Il suffisait de creuser quelques mètres, et même moins, pour pouvoir aujourd’hui encore exhumer des pierres tombales, un chapiteau, les fragments épars d'un vase. Ou bien les os de personnes inconnues, guerriers, paysans, étrangers perdus dans ces contrées. Le mystère des Langhes réside-t-il dans ces fosses inexplorées ? Ces corps inconnus appellent-ils encore au secours ? Et c’est la même chose dans les cimetières, où les plus chanceux ont trouvé une sépulture, et dont beaucoup sont à l’abandon, seulement signalés par une croix ou une colonne votive auxquelles plus personne ne prête attention. La nuit recouvre tout et c’est une sensation grandiose de la traverser le long de ces sentiers à peine éclairés par la lune croissante en se sentant perdus et déjà morts, avec pour seule consolation la certitude que la terre, en nous recouvrant, sera légère. Il faut bien s’en aller un jour, et si cela arrivait ici, ce serait plutôt une belle mort. 

(Traduction personnelle)





Images : en haut, Jakob Grunig  (Site Flickr)

au centre, Paolo  (Site Flickr)

en bas, Daniela  (Site Flickr)

vendredi 3 janvier 2014

Il Silenzio (Le Silence)



"È una terra che attende
e non dice parola."





Pour commencer cette année, voici une promenade silencieuse dans les Langhe, la terre de Pavese et de Fenoglio, en compagnie du romancier Gianni Farinetti :

Il silenzio, specialmente di notte, in Langa è doppio. A un primo strato superficiale, comune a ogni campagna del mondo, ne segue un altro più profondo, più sordo eppure più vibrante. Forse perché la gente va a letto presto e non è rumorosa di suo, ma soprattutto perché le colline di Langa non emettono echi. Non è come in montagna che se gridi ti torna indietro il richiamo, ma queste colline, i dirupi, i calanchi, i valloni di qui, assorbono i suoni, li trattengono, li celano nel profondo. Se fossero un tessuto sarebbero velluto, un cibo una crema di verdure, stagnante, sommessa. Non ci sono cascate, non c’è il mare in burrasca, anche il vento — che qui non manca — fa sbattere le porte, certo, ma con suoni speciali, non rabbiosi, senza avvisaglie, un bel bam secco e basta. Di notte, c’è un fremito segreto di animali cauti nel bosco, di sonno, di tana. Gli uccelli dormono, le bisce — sempre comunque impercettibili — tacciono vicino alla cisterna, ai pozzi, nelle pietre dei muretti. Un animale perfetto di qui è la salamandra che attraversa eterna un sentiero, segreta, felpata, indifferente al trascorrere delle stagioni, dei secoli. Gli unici veri rumori animali, ma lievi, come di carta stropicciata, sono quelli delle falene che sbattono balorde contro un lume acceso. 

Così, nelle notti, è come se la preistoria trionfasse. Persino un lampione, il neon di un’insegna, l’accendersi di un segnale stradale accecato dagli abbaglianti non fa che accentuare i millenni passati. In valle, inoltre, non c’è nemmeno un semaforo, solo il passaggio ferroviario di Cengio. Si possono intravedere armigeri sporchi di fango, truppe esauste, processioni notturne da chiesa a chiesa, e prima ancora animali estinti, acque, boschi. E prima ancora altri boschi, altre acque più estese, insondabili, eterne. La povertà di sempre — ora largamente sconfitta — vibra però ancora sui muri di pietra delle cascine devastate, nei pioppeti, nelle grotte, nei conventi dismessi. E anch’essa ha il suo silenzio, i suoi speciali suoni. La gente dorme con la finestra spalancata, i pipistrelli volteggiano sui campanili con richiami udibili solo a loro stessi, una serpe azzanna una rana sui sassi piatti, levigati del Bormida.

Gianni Farinetti   Rebus di mezza estate  Marsilio Editori, 2013




Le silence est double dans les Langhe, tout particulièrement la nuit. Derrière une première strate superficielle, commune à toutes les campagnes dans le monde, on en découvre une autre plus profonde, plus sourde et pourtant plus vibrante. C’est peut-être parce que les gens d’ici se couchent tôt et n’ont pas un tempérament bruyant, mais la raison principale est que les collines des Langhe ne produisent pas d’échos. Ce n’est pas comme en montagne, où chaque cri nous revient aussitôt ; ici au contraire, les collines, les escarpements, les sols argileux, les vallons absorbent les sons, les retiennent, les enfouissent au plus profond. S’ils étaient un tissu, ce serait du velours ; un aliment, un potage crémeux, discret comme une eau dormante. Il n’y a pas de cascades, pas de mer tempétueuse ; certes, le vent — bien présent ici — fait claquer les portes, mais avec des sonorités particulières, sans rage, sans alerte, avec un claquement sec et unique. La nuit, il y a un frémissement secret d’animaux à l’affût dans le bois, de sommeil, de tanière. Les oiseaux dorment, les couleuvres — de façon toujours imperceptible — se glissent silencieusement près de la citerne, des puits, entre les pierres des murets. L’animal caractéristique de ces lieux, c’est la salamandre qui traverse un sentier pour l’éternité, secrète, feutrée, indifférente au passage des saisons, des siècles. Les seuls vrais bruits animaux, légers, semblables à du papier froissé, sont ceux des phalènes qui viennent bêtement se cogner contre une lampe allumée.

Ainsi, la nuit devient le triomphe de la préhistoire. Même un lampadaire, une enseigne au néon, le surgissement d’un panneau illuminé par les phares ne font qu’accentuer la présence des millénaires passés. De plus, dans la vallée, il n’y a pas un seul signal lumineux excepté celui du passage à niveau de Cengio. On peut apercevoir des hommes d’armes couverts de boue, des troupes épuisées, des processions nocturnes d’une église à l’autre, et avant cela encore des espèces disparues, des étendues d’eau, des forêts. Et encore plus avant, d’autres forêts, de plus vastes étendues d'eau, insondables, éternelles. La pauvreté de toujours — aujourd’hui largement vaincue — vibre encore toutefois sur les murs de pierre des fermes dévastées, dans les bois de peupliers, dans les grottes, dans les couvents abandonnés. Et elle aussi a son silence, ses sonorités particulières. Les gens dorment avec la fenêtre grand ouverte, les chauves-souris voltigent au-dessus des clochers en lançant des appels qu’elles seules peuvent entendre ; au bord de la rivière, un serpent mord une grenouille sur les galets plats et lisses de la Bormida.

(Traduction personnelle)






Images : en haut, Site Flickr

au centre, Ludovico Caldara  (Site Flickr)

en bas, Massimo Agliardi  (Site Flickr)



D'autres promenades piémontaises : (1) et (2)