Ogni paese ha il suo vento, ogni terra si riconosce al modo come respira : e il fiato che schiarisce le foglie degli olivi, gonfia le chiome dei pini, liscia le pietre dei muri e l'intonaco delle case, arruffa i capelli sulla fronte delle ragazze, e pulisce il cielo dei torbidi giorni di marzo, e l'àlito stesso di quella terra, il suo profondo respiro.
Anche la Toscana ha il suo modo di respirare, assai diverso da quello della Liguria, dell'Emilia, della Romagna, dell'Umbria, del Lazio, che le fanno siepe intorno. Ma dire diverso è poco : si dovrebbe dire contrario. Ed è lo stesso modo col quale respirano i suoi abitanti, le sue pietre, le sue piante, i suoi fiumi, il suo mare. Quattro sono, anche in Toscana, i venti cardinali e sono il grecale, il libeccio, lo scirocco, e il tramontano. Ma non sono questi i venti che fanno il carattere della Toscana, che le danno quel colore, quel respiro, quel tono della pelle e della terra, degli occhi e delle foglie.
(...)
Poi c'è il vento di casa, toscano dalla testa ai piedi, il vento che non ha nome, ed è quello che soffia l'acca e il ti dalla bocca, e muta certi ti nel theta greco, e il ci in gi sulle labbra dei toscani della Versilia, e l'esse in zeta sulle labbra dei pistoiesi, e spegne i moccoli in bocca ai fiorentini. Proprio un vento che ci siamo fatto da noi, con le nostre mani, a nostra misura, un vento fatto in casa come il pane dei contadini, e lo ritrovi nelle chiome degli alberi di Giotto, nelle fronti e negli occhi dei giovani di Masaccio, nei paesi di Pier della Francesca, di Leonardo, del Lippi, nelle rime del Cavalcanti e del Guinizelli, nella prosa di Dino Compagni e del Machiavelli, negli stessi sospiri del Petrarca, se pur rotti dal mistral provenzale. È il vento del Pulci, del Berni, del Cellini, e lo ritrovi in Dante, nel Boccaccio, nel Sacchetti, nel Làchera, in Bernocchino, che dove tocca lascia il segno, e taglia i panni adosso senza che te ne accorga. Se si arriccia si fa ribobolo, ma si arriccia di rado, e più per dispetto che per compiacenza. Di solito è liscio, senza fronzoli né frangie, e se si gonfia lo fa per accarezzare la cupola del Brunelleschi, non mai per adattarsi alla bocca rotonda dei Granduchi, dei cruscanti, e di chi fa il bécero o il prezioso per parer toscano. Respirarlo a modo non è facile, bisogno esser nati toscani ; se no, ti va in tosse, t'annoda le budella, o, quel ch'è peggio, ti gonfia le gote, che da noi è un gran brutto vedere. Ha un fondo amarognolo, come il vero olio nostrale, come il vero Chianti, come i pesci d'Arno, come l'arguzia, l'ironia, il riso, la stessa bonaria urbanità dei veri toscani : i quali sono arguti ironici, sorridenti, garbati di modi e di parole, ma, nel fondo, quanto amaro ! Quale triste e severo sentimento del tempo, quale astuto, cattivo, deserto senso dell'umana miseria, della pochezza imbecille e dell'infelicità degli uomini, in quegli animi in apparenza così lieti e così noncuranti !
Il buon senso dei toscani, quale comoda scusa ! E che piacevole vista, questo popolo svelto, magro, furbo, ridanciano, per chi non lo conosce, o finge, per pigrizia o per prudenza di non conoscerlo ! Dice il Doni, vedendo i fiorentini seduti verso sera sulle gradinate del Duomo a godersi il fresco : «conciossiaché sempre vi tira un vento freschissimo e una suavissima aura, e per sé i candidi marmi tengono il fresco ordinariamente». Eppure, prova a fidartene, di quella suavissima aura. Se soffia rasente terra, ci cammini come sopra un filo, ma guai a mettere il piede in fallo. Se soffia alto sui tetti lo fa apposta perché tu alzi il capo, ma guai se inciampi : subito il cielo, le nuvole, i tetti, i muri, le torri, i campanili, la Toscana tutta e tutti i toscani ti si buttano addosso, ti schiacciano, ti pestano : e, non contenti d'averti ammazzato, ti pigliano anche per grullo. Con un simile vento non ti consiglio di scherzare : poiché non si sa dov'esca. E c'è chi dice che, al pari di tutte le cose toscane, nasce di sotterra, o, come credevano gli etruschi, dall'inferno.
Curzio Malaparte Maledetti toscani, ed. Mondadori
Chaque pays a son vent, chaque terre se reconnaît à la façon dont elle respire : souffle qui éclaircit les feuilles des oliviers, gonfle la chevelure des pins, lisse les pierres des murs et le crépi des maisons, ébouriffe les cheveux sur le front des jeunes filles et nettoie le ciel dans les jours troubles de mars ; haleine même de cette terre et sa profonde respiration.
La Toscane a elle aussi sa façon de respirer, bien différente de celle de la Ligurie, de l'Emilie, de la Romagne, de l'Ombrie, du Latium, qui l'entourent comme une clôture. Mais plutôt que de différence, il faudrait parler ici de contraire. Et c'est également ainsi que respirent ses habitants, ses pierres, ses plantes, ses fleuves, sa mer. En Toscane comme ailleurs, les vents cardinaux sont au nombre de quatre : le grecale, le libeccio, le sirocco et la tramontane. Mais ce ne sont pas ces vents-là qui forgent le caractère de la Toscane, qui lui donnent cette couleur, ce souffle, cette tonalité de la peau et de la terre, des yeux et des feuilles.
(...)
Et puis, il y a le vent de chez nous, toscan de la tête aux pieds, le vent qui n'a pas de nom, et c'est lui qui fait que l'on aspire le h et le t, qui transforme certains t en thêta grec et change le c en g sur les lèvres des Toscans de la Versilia, ou le s en z chez les gens de Pistoie, c'est lui qui éteint les jurons dans la bouche des Florentins. C'est vraiment un vent fait de nos propres mains, à notre mesure, un vent fait maison comme le pain des paysans, et on le retrouve dans le feuillage des arbres de Giotto, sur les fronts et dans les yeux des jeunes gens de Masaccio, dans les paysages de Piero della Francesca, de Leonard, de Lippi, dans les vers de Cavalcanti et de Guinizelli, dans la prose de Dino Compagni et de Machiavel, et aussi dans les soupirs de Pétrarque, même s'ils sont brisés par le mistral de Provence. C'est le vent de Pulci, de Berni, de Cellini, et on le retrouve chez Dante, Boccace, Sacchetti, Lachera, Bernocchino : il marque de son empreinte tout ce qu'il touche, et déchire les vêtements sans qu'on s'en aperçoive. S'il se fâche, il devient hargneux, mais il se fâche rarement, et plus par dépit que par inclination. D'habitude, il est plutôt lisse, sans falbalas ni franges, et s'il se gonfle, c'est pour caresser la coupole de Brunelleschi, jamais pour s'adapter à la bouche ronde des grands-ducs, des puristes et de ceux qui jouent les rustres ou les précieux pour paraître toscans. Le respirer comme il faut n'est pas aisé, il faut pour cela être nés toscans ; sinon, il déclenche la toux, noue le ventre, ou, pire encore, gonfle les joues, spectacle horrible pour un Toscan ! Il a un arrière-goût amer, comme la vraie huile de chez nous, comme le Chianti authentique, comme les poissons de l'Arno, comme la finesse d'esprit, l'ironie, le rire, et même l'urbanité familière des vrais Toscans, lesquels sont subtils, ironiques et souriants, polis dans les manières et dans les paroles, mais si amers dans le fond ! Quel triste et sévère sentiment du temps, quel sens malin, mauvais et désenchanté de l'humaine misère, de l'imbécile petitesse, du malheur des hommes, dans ces âmes en apparence si joyeuses et si insouciantes !
Le bon sens des Toscans, quelle excuse commode ! Et quel plaisant spectacle que ce peuple élancé, maigre, adroit, rieur, pour qui ne le connaît pas ou feint, par paresse ou par prudence, de ne pas le connaître ! Doni dit, en voyant les Florentins assis le soir à prendre le frais sur les marches du Dôme : «considérant que le vent y est toujours très frais et l'air délicieux, les marbres blancs conservant d'ordinaire la fraîcheur». Pourtant, il ne faudrait pas trop s'y fier, à cet air délicieux. S'il souffle à ras de terre, on y marche comme sur un fil, mais gare aux faux pas ! S'il souffle très haut sur les toits, il le fait exprès pour qu'on lève la tête, mais il ne faut pas trébucher, car aussitôt le ciel, les nuages, les toits, les murs, les tours, les campaniles, la Toscane tout entière et tous les Toscans se ruent sur la malheureuse victime, l'écrasent, la piétinent : et non contents de l'avoir tuée, il la tournent en ridicule. Avec un tel vent, il n'est pas conseillé de plaisanter, parce qu'on ne sait pas d'où il vient. Et certains disent que, comme tout ce qui est toscan, il vient des entrailles de la terre, et même, comme le croyaient les Etrusques, de l'enfer.
(Traduction personnelle)
Source des images : Site Flickr (1) et (2)
Anche la Toscana ha il suo modo di respirare, assai diverso da quello della Liguria, dell'Emilia, della Romagna, dell'Umbria, del Lazio, che le fanno siepe intorno. Ma dire diverso è poco : si dovrebbe dire contrario. Ed è lo stesso modo col quale respirano i suoi abitanti, le sue pietre, le sue piante, i suoi fiumi, il suo mare. Quattro sono, anche in Toscana, i venti cardinali e sono il grecale, il libeccio, lo scirocco, e il tramontano. Ma non sono questi i venti che fanno il carattere della Toscana, che le danno quel colore, quel respiro, quel tono della pelle e della terra, degli occhi e delle foglie.
(...)
Poi c'è il vento di casa, toscano dalla testa ai piedi, il vento che non ha nome, ed è quello che soffia l'acca e il ti dalla bocca, e muta certi ti nel theta greco, e il ci in gi sulle labbra dei toscani della Versilia, e l'esse in zeta sulle labbra dei pistoiesi, e spegne i moccoli in bocca ai fiorentini. Proprio un vento che ci siamo fatto da noi, con le nostre mani, a nostra misura, un vento fatto in casa come il pane dei contadini, e lo ritrovi nelle chiome degli alberi di Giotto, nelle fronti e negli occhi dei giovani di Masaccio, nei paesi di Pier della Francesca, di Leonardo, del Lippi, nelle rime del Cavalcanti e del Guinizelli, nella prosa di Dino Compagni e del Machiavelli, negli stessi sospiri del Petrarca, se pur rotti dal mistral provenzale. È il vento del Pulci, del Berni, del Cellini, e lo ritrovi in Dante, nel Boccaccio, nel Sacchetti, nel Làchera, in Bernocchino, che dove tocca lascia il segno, e taglia i panni adosso senza che te ne accorga. Se si arriccia si fa ribobolo, ma si arriccia di rado, e più per dispetto che per compiacenza. Di solito è liscio, senza fronzoli né frangie, e se si gonfia lo fa per accarezzare la cupola del Brunelleschi, non mai per adattarsi alla bocca rotonda dei Granduchi, dei cruscanti, e di chi fa il bécero o il prezioso per parer toscano. Respirarlo a modo non è facile, bisogno esser nati toscani ; se no, ti va in tosse, t'annoda le budella, o, quel ch'è peggio, ti gonfia le gote, che da noi è un gran brutto vedere. Ha un fondo amarognolo, come il vero olio nostrale, come il vero Chianti, come i pesci d'Arno, come l'arguzia, l'ironia, il riso, la stessa bonaria urbanità dei veri toscani : i quali sono arguti ironici, sorridenti, garbati di modi e di parole, ma, nel fondo, quanto amaro ! Quale triste e severo sentimento del tempo, quale astuto, cattivo, deserto senso dell'umana miseria, della pochezza imbecille e dell'infelicità degli uomini, in quegli animi in apparenza così lieti e così noncuranti !
Il buon senso dei toscani, quale comoda scusa ! E che piacevole vista, questo popolo svelto, magro, furbo, ridanciano, per chi non lo conosce, o finge, per pigrizia o per prudenza di non conoscerlo ! Dice il Doni, vedendo i fiorentini seduti verso sera sulle gradinate del Duomo a godersi il fresco : «conciossiaché sempre vi tira un vento freschissimo e una suavissima aura, e per sé i candidi marmi tengono il fresco ordinariamente». Eppure, prova a fidartene, di quella suavissima aura. Se soffia rasente terra, ci cammini come sopra un filo, ma guai a mettere il piede in fallo. Se soffia alto sui tetti lo fa apposta perché tu alzi il capo, ma guai se inciampi : subito il cielo, le nuvole, i tetti, i muri, le torri, i campanili, la Toscana tutta e tutti i toscani ti si buttano addosso, ti schiacciano, ti pestano : e, non contenti d'averti ammazzato, ti pigliano anche per grullo. Con un simile vento non ti consiglio di scherzare : poiché non si sa dov'esca. E c'è chi dice che, al pari di tutte le cose toscane, nasce di sotterra, o, come credevano gli etruschi, dall'inferno.
Curzio Malaparte Maledetti toscani, ed. Mondadori
Chaque pays a son vent, chaque terre se reconnaît à la façon dont elle respire : souffle qui éclaircit les feuilles des oliviers, gonfle la chevelure des pins, lisse les pierres des murs et le crépi des maisons, ébouriffe les cheveux sur le front des jeunes filles et nettoie le ciel dans les jours troubles de mars ; haleine même de cette terre et sa profonde respiration.
La Toscane a elle aussi sa façon de respirer, bien différente de celle de la Ligurie, de l'Emilie, de la Romagne, de l'Ombrie, du Latium, qui l'entourent comme une clôture. Mais plutôt que de différence, il faudrait parler ici de contraire. Et c'est également ainsi que respirent ses habitants, ses pierres, ses plantes, ses fleuves, sa mer. En Toscane comme ailleurs, les vents cardinaux sont au nombre de quatre : le grecale, le libeccio, le sirocco et la tramontane. Mais ce ne sont pas ces vents-là qui forgent le caractère de la Toscane, qui lui donnent cette couleur, ce souffle, cette tonalité de la peau et de la terre, des yeux et des feuilles.
(...)
Et puis, il y a le vent de chez nous, toscan de la tête aux pieds, le vent qui n'a pas de nom, et c'est lui qui fait que l'on aspire le h et le t, qui transforme certains t en thêta grec et change le c en g sur les lèvres des Toscans de la Versilia, ou le s en z chez les gens de Pistoie, c'est lui qui éteint les jurons dans la bouche des Florentins. C'est vraiment un vent fait de nos propres mains, à notre mesure, un vent fait maison comme le pain des paysans, et on le retrouve dans le feuillage des arbres de Giotto, sur les fronts et dans les yeux des jeunes gens de Masaccio, dans les paysages de Piero della Francesca, de Leonard, de Lippi, dans les vers de Cavalcanti et de Guinizelli, dans la prose de Dino Compagni et de Machiavel, et aussi dans les soupirs de Pétrarque, même s'ils sont brisés par le mistral de Provence. C'est le vent de Pulci, de Berni, de Cellini, et on le retrouve chez Dante, Boccace, Sacchetti, Lachera, Bernocchino : il marque de son empreinte tout ce qu'il touche, et déchire les vêtements sans qu'on s'en aperçoive. S'il se fâche, il devient hargneux, mais il se fâche rarement, et plus par dépit que par inclination. D'habitude, il est plutôt lisse, sans falbalas ni franges, et s'il se gonfle, c'est pour caresser la coupole de Brunelleschi, jamais pour s'adapter à la bouche ronde des grands-ducs, des puristes et de ceux qui jouent les rustres ou les précieux pour paraître toscans. Le respirer comme il faut n'est pas aisé, il faut pour cela être nés toscans ; sinon, il déclenche la toux, noue le ventre, ou, pire encore, gonfle les joues, spectacle horrible pour un Toscan ! Il a un arrière-goût amer, comme la vraie huile de chez nous, comme le Chianti authentique, comme les poissons de l'Arno, comme la finesse d'esprit, l'ironie, le rire, et même l'urbanité familière des vrais Toscans, lesquels sont subtils, ironiques et souriants, polis dans les manières et dans les paroles, mais si amers dans le fond ! Quel triste et sévère sentiment du temps, quel sens malin, mauvais et désenchanté de l'humaine misère, de l'imbécile petitesse, du malheur des hommes, dans ces âmes en apparence si joyeuses et si insouciantes !
Le bon sens des Toscans, quelle excuse commode ! Et quel plaisant spectacle que ce peuple élancé, maigre, adroit, rieur, pour qui ne le connaît pas ou feint, par paresse ou par prudence, de ne pas le connaître ! Doni dit, en voyant les Florentins assis le soir à prendre le frais sur les marches du Dôme : «considérant que le vent y est toujours très frais et l'air délicieux, les marbres blancs conservant d'ordinaire la fraîcheur». Pourtant, il ne faudrait pas trop s'y fier, à cet air délicieux. S'il souffle à ras de terre, on y marche comme sur un fil, mais gare aux faux pas ! S'il souffle très haut sur les toits, il le fait exprès pour qu'on lève la tête, mais il ne faut pas trébucher, car aussitôt le ciel, les nuages, les toits, les murs, les tours, les campaniles, la Toscane tout entière et tous les Toscans se ruent sur la malheureuse victime, l'écrasent, la piétinent : et non contents de l'avoir tuée, il la tournent en ridicule. Avec un tel vent, il n'est pas conseillé de plaisanter, parce qu'on ne sait pas d'où il vient. Et certains disent que, comme tout ce qui est toscan, il vient des entrailles de la terre, et même, comme le croyaient les Etrusques, de l'enfer.
(Traduction personnelle)
Source des images : Site Flickr (1) et (2)
Hum, on le sent dans les yeux en lisant ces belles lignes, ce vent fou. l'occasion aussi de revoir ces oeuvres d'art émouvantes par tant de beauté.
RépondreSupprimerEt ce vent qui vient de l'enfer est certainement le même que celui qui emporte dans son tourbillon les ombres des amants dans le chant V de la "Divine Comédie"...
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