La lucertola di Casarola (Le lézard de Casarola)

 

«Come gli steli dei papaveri di un frammento escluso dal romanzo in versi [La Camera da letto] (ora in Viaggio d'inverno), rinascenti ogni mattina dagli strappi dei bambini, così la lucertola appenninica, ricca di cunicoli in cui nascondersi per tornare, di sortilegi per riemergere dalle proprie ferite, racchiude in sé la forza di ciò che dura e durerà per sempre, attraverso e oltre tutti i dubbi e i dolori della vita – e la poesia che in essa si cerca e riflette. Qui sta il punto d'approdo del cammino : questa è la fede ultima del poeta, questa la sua "luce vera" mentre sta per avvolgerlo l'ombra senza scampo. Come Henry David Thoreau, anch'egli potrebbe ormai dire : "Credo nella foresta, e nel campo, e nella notte in cui cresce il grano."»

Paolo Lagazzi La casa del poeta, Ed. Garzanti, 2008

A Fabien Gerard

Dovrei chiedere aiuto a Marianne Moore
o all'Abate Zanella o a Jules Renard
per scrivere, non dei dinosauri di Crichton
e di Spielberg, ma di quelle lucertole
che a quei sauri s'apparentano, con grazia
naturale soggiornando sulle pietre
assolate del portale
di Casarola, facendosi emblema
e stemma vivo
non so se della famiglia o dell'estate.

Ricordo che bambino m'incitavano
a mozzare loro la coda – non temere,
rinasce, non temere – e io a rifiutare caparbio, silenzioso.
«Possibile che non soffrano ?».
Stavo a guardarle
incantato apparire e scomparire e riapparire,
ansioso se una gatta di casa
puntava ad esse in mancanza di topini.

Sciocca felina, ignara
dei cunicoli cui torna, non fugge,
l'abitatrice avanti te e me
di questa verde plaga occidentale.


Attilio Bertolucci La lucertola di Casarola Ed. Garzanti, 1997

 À Fabien Gérard

Je devrais demander de l'aide à Marianne Moore
ou à l'Abbé Zanella ou à Jules Renard
pour écrire, non pas au sujet des dinosaures de Crichton
et de Spielberg, mais de ces lézards
qui à ces sauriens s'apparentent, séjournant
avec leur grâce naturelle sur les pierres
ensoleillées du portail
de Casarola, devenant emblème
et vivantes armoiries de la famille, ou peut-être de l'été.

Je me rappelle que dans mon enfance on m'incitait
à leur couper la queue – ne t'en fais pas,
elle repousse, ne t'en fais pas – et moi je refusais, obstiné et silencieux.
«Est-il possible qu'ils ne souffrent pas ?».
Je restais là à les regarder
enchanté par leurs apparitions, disparitions et réapparitions,
inquiet si l'une de nos chattes
les prenait pour cible à défaut de souris.

Stupide félin, qui ignore tout
des cavités où retourne, et non pas fuit,
celui qui avant toi et moi habitait
cette verte contrée occidentale.

(Traduction personnelle) 

 

Attilio Bertolucci sur le site Terres de femmes

Les trois photographies sont de Lara Lori (Site Flickr)