Infine, scendiamo verso il mare.
In Sardegna si sente sempre, a cento e cento chilometri dalle coste, che splende nell'aria da ogni lato. È una vera isola, Sardegna, dentro il suo splendore e le sue tempeste. E di qualcosa di salmastro odora anche su a mille metri. Ma qui in special modo.
La terra è saccheggiata dal maestrale. Che non soffia, intanto. Lunghe terre oscure appaiono sospese nell'aria, dove la pianura scoscende. Là è il mare ; quell'aria. Disabitato come la luce del Primo Giorno. Ma gli alberi sono piegati dal maestrale e hanno il fogliame arrovesciato, come chiome da pettinare. Anche i cespugli. Tutta la pianura arrovesciata. Si direbbe che il vento s'è arrestato ora di colpo. E le case di Castelsardo, sul pollaio della rocca, al sole, sono accovacciate anch'esse per la trascorsa furia.
La macchina piglia la rincorsa verso lassù.
Poi ci si trova in una specie di cortile ch'è la piazza del paese. Mura di bastioni, intorno, in cima ai quali passeggia una sentinella. C'è un fico in un angolo, e sotto al fico sgocciola una fontana.
Calma gente è in fila, lungo un parapetto, e parte guarda dentro il mare, parte a cavalcioni del muro ci osserva, non per qualche curiosità, ma perché, oltre i ciottoli del selciato, e il fico, e la fontana, ci siamo anche noi, oramai, nella piazza. Se ci fermassimo, a pranzo, o a passare la notte, diverremmo oggetto d'ospitalità. Così invece, scesi appena a dare uno sguardo e ripartire, non ci degnano d'una parola. Troppo giusto.
Ma su per le gradinate dei vicoli, ci sono donne che cantano, dondolando il capo, e, appena passiamo, balzano in piedi e fuggono verso le case, con risa sommesse come di scolarette sorprese fuori dai posti a far baccano. In mano hanno certi gingilli a cui lavorano ; cestini, fatti di foglie di palmizio, a disegni di nero sul bianco, e con essi, per ridere più libere, si coprono il volto.
In Sardegna si sente sempre, a cento e cento chilometri dalle coste, che splende nell'aria da ogni lato. È una vera isola, Sardegna, dentro il suo splendore e le sue tempeste. E di qualcosa di salmastro odora anche su a mille metri. Ma qui in special modo.
La terra è saccheggiata dal maestrale. Che non soffia, intanto. Lunghe terre oscure appaiono sospese nell'aria, dove la pianura scoscende. Là è il mare ; quell'aria. Disabitato come la luce del Primo Giorno. Ma gli alberi sono piegati dal maestrale e hanno il fogliame arrovesciato, come chiome da pettinare. Anche i cespugli. Tutta la pianura arrovesciata. Si direbbe che il vento s'è arrestato ora di colpo. E le case di Castelsardo, sul pollaio della rocca, al sole, sono accovacciate anch'esse per la trascorsa furia.
La macchina piglia la rincorsa verso lassù.
Poi ci si trova in una specie di cortile ch'è la piazza del paese. Mura di bastioni, intorno, in cima ai quali passeggia una sentinella. C'è un fico in un angolo, e sotto al fico sgocciola una fontana.
Calma gente è in fila, lungo un parapetto, e parte guarda dentro il mare, parte a cavalcioni del muro ci osserva, non per qualche curiosità, ma perché, oltre i ciottoli del selciato, e il fico, e la fontana, ci siamo anche noi, oramai, nella piazza. Se ci fermassimo, a pranzo, o a passare la notte, diverremmo oggetto d'ospitalità. Così invece, scesi appena a dare uno sguardo e ripartire, non ci degnano d'una parola. Troppo giusto.
Ma su per le gradinate dei vicoli, ci sono donne che cantano, dondolando il capo, e, appena passiamo, balzano in piedi e fuggono verso le case, con risa sommesse come di scolarette sorprese fuori dai posti a far baccano. In mano hanno certi gingilli a cui lavorano ; cestini, fatti di foglie di palmizio, a disegni di nero sul bianco, e con essi, per ridere più libere, si coprono il volto.
Elio Vittorini Sardegna come un'infanzia, ed. Bompiani
Donne sarde :
Signora di Sadali
Tzia Raffiella Monni ("Il più ricco che c'era ai miei tempi è come la persona più povera che c'è oggi. Vedi com'è strana la vita ! Mah !?")
Source de l'image : Site Flickr.
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